i “The Plagues” non sono una band nel senso tradizionale, ma un ensemble vocale nato e utilizzato come sigla corale nelle produzioni discografiche italiane dei primi anni Settanta. Il loro nome appare per la prima volta nel 1972, all’interno di uno dei progetti più particolari della musica leggera italiana: l’album L’Arca di Sergio Endrigo.
L’Arca fu un disco “anomalo” e coraggioso: nato dalla collaborazione con Vinícius de Moraes, Toquinho, Luis Bacalov e Sergio Bardotti, mescolava canzone d’autore, poesia e musica per l’infanzia. Accanto a interpreti come lo stesso Endrigo, Marisa Sannia, i Ricchi e Poveri e Vittorio De Scalzi dei New Trolls, compaiono appunto i The Plagues, incaricati di dare voce collettiva e coralità ad alcune tracce, tra cui “Il Pappagallo”, “Le Api”, “il Pinguino”, “il Gatto” e la stessa “L’Arca.”
Non si trattava di un gruppo con carriera autonoma: come spesso accadeva in quegli anni, i cori venivano accreditati con un nome suggestivo, senza che ne venisse specificata la composizione. Il risultato è che i The Plagues rimangono oggi una sorta di “sigla fantasma”, una denominazione evocativa dietro cui si celavano probabilmente coristi professionisti e turnisti dell’ambiente RCA.
La loro importanza, tuttavia, non va sottovalutata. In quel contesto i The Plagues aggiunsero colore e vitalità a un’opera che, pur pensata per i bambini, era in realtà ricca di poesia e raffinatezza musicale. L’uso di un nome inglese, insolito per un gruppo corale di supporto italiano, conferiva un tocco internazionale e curioso, che ha contribuito a rendere L’Arca un disco unico nel panorama italiano del tempo.
Oggi i The Plagues sopravvivono come una delle tante presenze “fantasma” della discografia italiana anni ’70: voci collettive, senza volto, che hanno lasciato una traccia piccola ma significativa nella memoria musicale, diventando parte integrante di un progetto che resta una delle pagine più originali della canzone d’autore per l’infanzia.