L’Orchestra Montematti è una di quelle realtà musicali che esistono quasi solo nei solchi dei vinili e nella memoria impalpabile della radio e della televisione d’una volta, un tipico ensemble da studio degli anni Sessanta e Settanta, creato probabilmente per le esigenze di editori italiani come Edizioni Leonardi e, in generale, per il vasto universo della library music. Il suo nome compare soprattutto in raccolte come Parata Musicale n. 4 e Parata Musicale n. 5, prodotti destinati non al grande pubblico ma a emittenti, montatori, tecnici e registi che avevano bisogno di musiche “di utilità”: marce brillanti, valzer scorrevoli, parate ritmate, tutto quel repertorio effervescente che accompagnava sfilate, caroselli, jingle e – non ultimo – i celebri monoscopi.
Il materiale associato al nome “Montematti” è coerente con la tradizione centro-europea del dopoguerra: ci si imbatte spesso in firme come Reisinger, Quanz o Jussenhoven, autori tedeschi attivissimi nella composizione di marce leggere e brani orchestrali di uso radiotelevisivo. Nello stesso modo in cui Fabor, Nicolai, Poitevin o Umiliani popolavano i cataloghi italiani, l’Orchestra Montematti forniva quella musica “pronta all’uso”, impeccabile dal punto di vista tecnico, elegante nella sua semplicità, e destinata a suonare ovunque servisse un’atmosfera allegra, ordinata, quasi cerimoniale.
Ogni tanto, i loro titoli riaffiorano nelle programmazioni di radio specializzate, specie dell’Europa centrale. Brani come “Marciando Allegramente”, “Se ti sento vicina”, o i più rari “Tempo 150” e “Finkenwalzer” compaiono in trasmissioni nostalgiche che ripropongono vecchi 45 giri, mentre un singolo come “Tingeltangel” è stato ritrovato addirittura in edizione tedesca. Tutto converge verso la stessa conclusione: l’Orchestra Montematti fu un nome di riferimento per un certo tipo di musica funzionale, solare e disciplinata, che oggi associamo spontaneamente ai monoscopi, agli intervalli televisivi, ai filmati istituzionali e ai dischi in vinile che si ascoltavano nelle prove delle bande civiche o nelle sale d’attesa delle vecchie emittenti.
In definitiva, Montematti non è un “orchestra” nel senso romantico del termine, ma un marchio sonoro. Un’etichetta editoriale sotto la quale prendeva vita un mondo di musiche leggere, a metà strada tra banda da parata e orchestrina mitteleuropea, perfette per quell’Italia che stava imparando a guardare la televisione e a riconoscere nella musica di accompagnamento un linguaggio a sé. Un pezzo di storia minore, certo, ma prezioso per chi cerca le radici di quelle melodie che scorrevano silenziose dietro il bagliore dei monoscopi in bianco e nero