Anna Maria Baratta è stata una cantante italiana attiva tra la fine degli anni Sessanta e la seconda metà dei Settanta, figura particolare e un po’ dimenticata della scena musicale, ma che ha lasciato tracce molto forti proprio nel mondo della televisione RAI.
La sua carriera nasce quasi per caso: nel 1967 Don Lurio la nota al Piper Club di Roma e la introduce negli ambienti giusti. Entra quindi sotto contratto con la RCA Talent, l’etichetta del gruppo RCA che si occupava di valorizzare nuove voci e nuovi progetti.
Il debutto arriva nell’estate del 1968, quando interpreta Stanotte sognerò, sigla del varietà televisivo “Vengo anch’io”. È un buon successo, che la fa conoscere al grande pubblico. Negli anni seguenti la sua voce accompagna altre produzioni televisive: Ciao devo andare (sigla di “Senza rete”, 1970) e Pelle (sigla di coda di “Auditorio A”, 1977).
Parallelamente, nel 1972 incide per la RCA l’album Di tanto amore, lavoro in cui confluiscono le firme di autori prestigiosi come Pino Calvi, Giorgio Calabrese e Pino Donaggio. È un disco che vive a metà strada: da un lato è un album di canzoni d’autore, con testi e melodie pensati per un ascolto popolare ma raffinato; dall’altro è orchestrato con un gusto così televisivo, elegante e “generalista” che diventerà inaspettatamente una vera miniera di brani per la RAI.
Proprio questo carattere “di confine” fa sì che alcuni pezzi dell’album, come Di tanto amore o Solo, vengano ripescati anche un decennio dopo e inseriti nelle sequenze dei monoscopi RAI degli anni ’80, accanto a library music e strumentali internazionali. È raro che un disco di canzoni vocali entri in quel repertorio, e questo rende il suo contributo ancor più singolare.
Un altro segno della sua duttilità artistica è l’uso dello pseudonimo Suan in alcuni 45 giri degli anni Settanta. Dopo il ritiro dalle scene discografiche nel 1978, si dedica alla radio, lasciando progressivamente la ribalta.
La sua vita si interrompe prematuramente nel 1996, ma il ricordo della sua voce rimane vivo non solo nelle sigle RAI che firmò, ma anche in quell’insolito destino di “presenza invisibile” nei monoscopi: canzoni nate per un pubblico televisivo che, con il passare degli anni, diventano tappeti sonori della memoria collettiva.