Ettore Ballotta

Ettore Ballotta è stato uno di quei musicisti che hanno fatto la storia senza cercare riflettori. Nato a Casalecchio di Reno nel 1925 e scomparso a Castiglione dei Pepoli nel 2015, è stato arrangiatore, compositore, docente e autentico artigiano del suono. La sua formazione al Conservatorio “Giovan Battista Martini” di Bologna, sotto la guida di Adone Zecchi, lo portò a diplomarsi in Musica corale e direzione di coro, ma ben presto la sua curiosità lo spinse oltre la musica colta: negli anni Cinquanta fondò complessi jazz e di musica leggera, scrivendo arrangiamenti e canzoni che circolarono con successo in Italia e all’estero.

Negli anni Sessanta iniziò la lunga collaborazione con la RAI, diventando arrangiatore per spettacoli amatissimi come Studio Uno e Senza rete. La sua abilità lo portava ad orchestrare con rapidità e precisione qualunque tema, forte di un orecchio formidabile e di una naturalezza quasi disarmante: era capace di trascrivere e adattare un brano dopo un solo ascolto, per qualsiasi organico. Proprio questa versatilità lo rese una presenza costante nelle orchestre RAI di musica leggera e jazz, in un periodo in cui la televisione italiana viveva il suo momento d’oro.

Nel 1971 gli fu affidata una sfida pionieristica: la prima cattedra di Musica d’uso e Jazz al Conservatorio di Bologna, pensata per formare musicisti in grado di muoversi tra linguaggi diversi, dalla canzone al commento cinematografico. Ballotta seppe dare a quel corso un’impronta unica, trasmettendo ai suoi allievi la libertà di scrivere senza complessi, attingendo anche a stili popolari e immediati. Da lì sarebbero usciti decine di musicisti destinati a lasciare il segno in vari settori.

Come compositore, il suo catalogo è vasto e sorprendente: brani di carattere come Neve sulla metropoli, Rumbera, I giullari, Rossini dance, Incontro all’alba; lavori per il cinema, come le musiche di Una questione privata (1967), tratto da Fenoglio, e di Amiche andiamo alla festa (1973). Persino sotto pseudonimo seppe colpire il gusto popolare: con il nome Ballera scrisse un cha-cha-cha che lui stesso definiva “banale”, ma che ebbe grande fortuna nelle sale da ballo.

Ballotta era un uomo timido e gentile, con un lato domestico quasi pittoresco: lavorava spesso da casa, in collina, scrivendo partiture con il suo gatto siamese in braccio e una soap opera in sottofondo. Ma dietro quell’immagine semplice c’era un professionista straordinario, capace di trasformare la musica in un mestiere e insieme in un’arte quotidiana.

Il suo nome resta legato anche al monoscopio RAI, dove vennero apprezzati brani come Ballo a Corte e I giullari, con le loro suggestive sfumature medioeval-rinascimentali. Musiche che, pur nate per l’uso funzionale, riuscivano a evocare atmosfere ricche di storia e immaginazione, dimostrando ancora una volta quanto Ballotta sapesse coniugare semplicità e raffinatezza.

Ettore Ballotta rimane così una figura esemplare del musicista “totale”: colto e popolare, autore e arrangiatore, maestro e artigiano, che ha saputo unire rigore e leggerezza in ogni pagina della sua vita musicale