Nato a Torino l’11 marzo 1934 e scomparso l’11 dicembre 2013 , Gipo Farassino (al secolo Giuseppe Farassino) è molto più di un cantautore: è stato una vera anima popolare della sua città, capace di raccontare la Torino delle periferie e della gente comune con ironia, struggente malinconia e un forte radicamento culturale.
Di origini umili e cresciuto nella Barriera di Milano torinese, Gipo imparò presto a suonare contrabbasso e chitarra, e iniziò a esibirsi nei locali prima di tentare l’avventura artistica all’estero — per poi tornare, deciso a cantare in piemontese, creando canzoni emblematiche come Ël 6 ëd via Coni e Porta Pila .
Sul palco e nei palchi del cabaret torinese, sfidò la nostalgia e l’identità attraverso ballate parlanti, monologhi e spettacoli teatrali in dialetto, molti dei quali di sua stessa scrittura—come Soa ecelenssa ’d Porta Palace e Un bagno per Virginio .
Parallelamente alla musica, intraprese una carriera cinematografica e teatrale, interpretando ruoli importanti in film come Uccidere in silenzio (1972) e La bottega del caffè (1973), e portando in scena spettacoli teatrali amate dal pubblico piemontese .
Verso gli anni ’80 e ’90, Gipo intrecciò arte e politica: fondò il movimento autonomista piemontese, divenne deputato e deputato europeo ed ebbe un ruolo di rilievo nell’affermazione della Lega Nord in Piemonte. Fu assessore regionale all’identità piemontese tra il 2004 e il 2005 .
Dopo la sua morte, la città di Torino lo ha voluto ricordare a più riprese: con un documentario al Torino Film Festival (Gipo, lo zingaro di Barriera), una sala a lui dedicata nel Palazzo Lascaris e perfino l’intitolazione di un tratto dei Murazzi del Po con il suo nome.
“Serenata a Margherita” è l’unico suo brano presente nelle sequenze del Monoscopio Rai in bianco e nero